Missione... possibile!
Nel nostro backoffice, Jessica Pfeifer risolve problemi apparentemente irrisolvibili.
“Backoffice” è un termine che significa letteralmente “lavoro di retrosportello”. E in effetti, la ventottenne Jessica Pfeifer di Laives potrebbe apparire come una fatina buona, impegnata in un lavoro importante quanto segreto, che consiste nel fare in modo che il ciclo della merce non si arresti mai. Per Jessica, le missioni impossibili sono come la classica ciliegina sulla torta. Nel corso degli anni, in azienda si è guadagnata la reputazione di esperta nella risoluzione dei problemi.
Jessica è entrata a far parte del team di VOG Products, che conta circa 240 collaboratori, nel 2015. In quel periodo, l’offerta di lavoro sul mercato altoatesino erano ancora poche. Ma la fortuna ha aiutato Jessica, che, dopo aver conseguito la maturità all’Istituto tecnico economico di Ora, ha inviato a VOG Products una candidatura spontanea che è stata valutata positivamente per l’assunzione come contabile. Per avere una panoramica sull’attività aziendale, però, Jessica ha fatto i primi passi nel Clearing: “Mi occupavo di emettere i documenti di accompagnamento per i camion e le loro merci in entrata e in uscita. Ma non solo: ho anche avuto l’opportunità di conoscere i programmi operativi e i clienti dell'azienda”, racconta Jessica. “È stata davvero un’ottima scuola per me.”
La nuova collaboratrice faceva bene il suo lavoro, tanto che dopo un po’ di tempo è stata promossa alla disposizione dell'entrata delle materie prime. “Un lavoro stimolante, ma molto stressante, perché si è sempre sotto pressione”, ricorda in retrospettiva. “Sapevo che prima o poi avrei cambiato mansione...”
Il momento che stava aspettando è arrivato con l’apertura del nuovo reparto “backoffice”. Jessica ha accettato l’offerta di avviare insieme a un collega il nuovo ufficio, che in tre anni è diventato un punto di riferimento per l’azienda. Dall’ufficio passano tutti i contratti di vendita; Jessica si occupa anche di molte mansioni amministrative, delle richieste dei clienti e dei reclami, oltre che delle spesso complesse e delicate questioni doganali.
Sono soprattutto queste ultime a richiedere capacità di negoziazione, tenacia e determinazione. Che si tratti di un certificato di salute mancante, di un documento doganale incomprensibile o di problemi con gli agenti doganali, alla fine Jessica ottiene sempre quello di cui ha bisogno. Ma non solo: si occupa volentieri, e in prima persona, di questioni apparentemente irrisolvibili. In questo modo, Jessica ha acquisito competenze in vari ambiti dei programmi operativi aziendali. “Mi scrivo le cose, poi dopo uno o due tentativi riesco a portarle a termine …”, spiega.
Jessica si è ormai abituata da tempo al fatto che nel backoffice la comunicazione avvenga quasi tutta in inglese, anche se, come ammette lei stessa, a scuola andava piuttosto male in questa materia. Con i video di YouTube e Facebook ha persino imparato lo slang americano, dice sorridendo. Nel caso in cui non sia possibile comunicare in inglese, tedesco o italiano, cerca di farsi capire a gesti o con i disegni, e, in casi di emergenza, ricorre anche a Google translator.
Nel corso degli anni, Jessica è riuscita a superare gli ostacoli più difficili. Ad esempio, in un’occasione si è trovata a dover decifrare il sito della dogana cinese, disponibile esclusivamente nella lingua locale. Il problema era impossibile da aggirare, dato che era indispensabile compilare la dichiarazione doganale per l’ingresso della merce nel Paese. “Ho fatto una scansione del testo con il mio cellulare e poi ho provato a tradurlo con un’applicazione apposita. Il risultato, però, era decisamente pessimo”, racconta. Senza esitare, si è rivolta a un cliente in Cina. “Il problema è stato risolto abbastanza rapidamente”, dice Jessica facendo l’occhiolino.
Ogni giornata di lavoro riserva a Jessica nuove sfide. Farle perdere la calma, però, è molto difficile. E quando c’è un problema, si affida all’esperienza che ha acquisito sul campo: “Esiste sempre una soluzione, bisogna solo cercarla.”